Surroga mutuo prima casa normativa: le opportunità per i mutuatari
Surroga mutuo: la normativa attuale
Il mercato dei mutui è trainato dall’istituto della surroga. Durante tutto il periodo del credit crunch la surroga ha rappresentato l’unica voce positiva. Oggi, a fronte di condizioni di credito nettamente migliori, la surroga continua a pesare moltissimo. Secondo gli ultimi dati, il 27% dei “nuovi” mutui sono in realtà delle surroghe. Ciò non è un male, anzi: surrogare vuol dire sostenere rate meno costose, con un certo sollievo economico per i contribuenti.
L’idillio potrebbe però finire presto. A mettere i bastoni tra le ruote è l’Unione Europea: una sua direttiva rischia di compromettere l’intero impianto sul quale si regge la surroga in Italia.
Qual è lo stato attuale della surroga mutuo prima casa normativa? Quali sono le prospettive future?
In questo preciso momento storico, l’istituto si basa sul Decreto Bersani, varato nel 2007. Quell’anno può essere considerato come un vero spartiacque. L’intento del legislatore era liberalizzare il mercato dei mutui. Nello specifico, eliminando le penali.
Surroga mutuo prima casa tasso: il risparmio
Grazie al decreto, oggi i contribuenti possono trasferire il debito da una banca all’altra, allo scopo di pagare interessi meno elevati, senza che la banca che per prima ha concesso il finanziamento possa impedirlo direttamente o indirettamente, facendo pagare uno “scotto”. La surroga mutuo prima casa normativa, così come redatta nel Decreto, disciplina anche l’estinzione dell’ipoteca in caso di surroga, che non impone il ricorso al notaio.
La surroga esisteva prima del 2007, ma a condizioni meno favorevoli. Grazie alla normativa, tutt’ora vigente, il clima di competizione tra le banche si è intensificato, causando una discesa dei costi, a tutto beneficio dei contribuenti.
Surroga mutuo normativa: guai in vista
L’Italia, c’è da dire, è uno dei pochi paesi in Europa a prevedere una normativa così “libera” per quanto riguarda le surroghe. Altrove, le penali esistono, magari condizionate ad alcuni requisiti e sottoposte a un limite, in modo tale da non compromettere la concorrenza e la mobilità dei clienti.
Ad ogni modo, la direttiva europea varata qualche settimana fa rischia di porre in essere un deciso passo indietro non solo per l’Italia ma anche per tutti gli altri paesi. Ecco cosa dice il testo: “gli Stati membri possono prevedere che il creditore abbia diritto, laddove giustificato, a un indennizzo equo e obiettivo per gli eventuali costi direttamente connessi al rimborso anticipato”.
Se è vero che, quando si tratta di normative, le parole pesano, allora il termine “diritto” non lascia adito ai fraintendimenti. Il rischio è che si torni alla situazione pre-2007, se non peggiore. L’Italia ha tempo fino al 21 marzo per adeguarsi. Non è escluso, però, che il Governo riesca a trovare una scorciatoia per aggirare la normativa, pur rispettandola ufficialmente.